Go Back Up

Torna al blog

Blackout nel tennis: quando anche i campioni inciampano

Prevenzione | Servizi e Specialità | OPF Team • 29 agosto 2025

 Chi segue il tennis avrà notato quanto siano impressionanti le performance degli atleti di alto livello come Jannik Sinner: scatti fulminei, cambi di direzione improvvisi, colpi potenti e precisi. Eppure, anche questi “super atleti” possono andare incontro a infortuni e a volte lo fanno nei momenti più inaspettati 

Ma com’è possibile che un corpo così allenato possa cadere in quello che potremmo chiamare un “blackout” motorio e funzionale

 

Cosa succede durante un blackout motorio?

In alcune situazioni, anche per pochissimi secondi, può venir meno il perfetto coordinamento tra periferia (legamenti, articolazione e muscoli) e cervello. È come se si interrompesse momentaneamente il circuito che permette all’atleta di controllare l’attività muscolare che gioca un ruolo importante per stabilizzare le articolazioni in modo tempestivo ed efficace.

Questo “blackout” può essere causato da:

  • un calo dell’attenzione, magari per la stanchezza o la tensione emotiva;
  • un sovraccarico cognitivo, quando il cervello è troppo impegnato a gestire stress, strategia, posizione in campo
  • un difetto nel controllo neuromotorio, ovvero nella capacità del sistema nervoso di guidare correttamente muscoli e articolazioni.

Le articolazioni più a rischio? Ginocchia e caviglie.

Nel tennis le sollecitazioni sono estreme, soprattutto per gli arti inferiori. Le caviglie, in particolare, subiscono continui carichi e torsioni. Basta un movimento sbagliato, un attimo di disattenzione o una risposta muscolare in ritardo, perché si verifichi una distorsione o un trauma più serio.

Prevenire è possibile: serve allenare non solo il fisico, ma anche il cervello.

Gli atleti professionisti si allenano costantemente non solo sul piano muscolare, ma anche su quello neurofunzionale e neurocognitivo. Si tratta di esercizi studiati per migliorare la coordinazione motoria, la prontezza di riflessi, e la capacità di prendere decisioni rapide in condizioni di fatica o stress.

Quando questo sistema funziona al massimo, l’atleta è in grado di gestire con precisione ogni movimento. Ma se qualcosa si inceppa… il rischio di “blackout” è dietro l’angolo.

 In conclusione

Il corpo umano è una macchina perfetta, ma anche estremamente complessa. E se perfino un atleta di livello mondiale può cadere in un attimo di disconnessione tra mente e muscoli, è un chiaro segnale dell’importanza di un allenamento completo per una ottimizzazione psicofisica.

Realizzato in collaborazione con il Dott. Marcello Lughi, Specialista in chirurgia protesica e traumatologia dello sport

 

Foto-1-273x300

 

 

 

Iscriviti alla newsletter del Gruppo OPF Informazioni e notizie utili su salute, prevenzione e benessere ISCRIVITI