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Dito a scatto, cos’è e come si tratta

Servizi e Specialità • 16 maggio 2023

Spesso avrete sentito parlare del cosiddetto “dito a scatto”: ma di cosa si tratta? Innanzitutto occorre precisare che si tratta di una problematica che può interessare tutte le dita della mano, dovuta ad un'infiammazione di uno dei tendini flessori (tenovaginalite stenosante). Si caratterizza, ma non sempre, dallo “scatto” del dito durante il suo movimento di flessione sul palmo; in alcuni casi, dopo lo scatto, il dito rimane bloccato in flessione, spesso ai primi movimenti quando ci si alza la mattina.

La malattia, in ogni caso, provoca difficoltà e dolore ad aprire e chiudere completamente una o più dita, e di conseguenza ad eseguire correttamente numerosi gesti quotidiani, soprattutto se colpisce il pollice. A causa di questo processo infiammatorio, uno o più tendini delle dita non riescono più a scorrere liberamente entro le proprie pulegge, che non sono altro che ponti fibrosi che hanno lo scopo di mantenere in sede, al loro posto, i tendini flessori. Pertanto, il tendine può rimanere bloccato in una di tale pulegge perché l'infiammazione altera il corretto rapporto di grandezza tra il tendine stesso e le pulegge. Nei casi più gravi il dito rimane praticamente bloccato in estensione con impossibilità di fletterlo attivamente.

La patologia interessa soprattutto le donne ed è presente a qualsiasi età; si può presentare anche nei bambini molto piccoli, nei quali spesso si manifesta come forma congenita alla nascita. In questo caso va trattata dai chirurghi ortopedici pediatrici. Spesso la diagnosi è solo clinica, e non risulta necessario procedere con esami diagnostici (RX della mano o ecografia muscolo-tendinea), ma sarà lo specialista ortopedico ad indicare, in casi particolari, esami strumentali.

Normalmente le cure conservative (farmaci antinfiammatori, terapie fisiche, mesoterapia) risultano utili solo negli stati iniziali della patologia. Tra i tipi di trattamento conservativo il più semplice risulta l'immobilizzazione del dito interessato con un tutore per mantenerlo in lieve flessione per qualche settimana. Le infiltrazioni con cortisone possono dare qualche risultato se fatte precocemente, ma non vanno ripetute troppo per non danneggiare i tessuti costanti. Nella maggioranza dei casi, per risolvere il problema, è necessario ricorrere all'intervento chirurgico (tenolisi): questo ha lo scopo di aprire la puleggia diventata troppo stretta, che non consente al tendine di scorrere. L'intervento è eseguito in regime ambulatoriale e si pratica dopo aver eseguito un elettrocardiogramma, previa anestesia locale a cui segue una minima incisione cutanea, di solito di circa 1 cm al di sopra della puleggia interessata, con lo scopo di aprire la stessa e liberare il tendine sottostante. A volte durante l'intervento si rileva la presenza di una cisti tendinea vicino alla puleggia che va asportata, dopodiché si chiude la ferita con un punto di sutura.

L'intervento ha una durata di pochi minuti, trascorsi i quali il paziente rimane in sala d'attesa per 15-20 minuti. Nella lettera di dimissione vengono indicati i consigli utili da seguire nel post operatorio, insieme all’appuntamento per la visita di controllo; in dimissione il paziente dovrà essere accompagnato in quanto non potrà guidare l'auto. Si consiglia normalmente l’assunzione di paracetamolo in caso di dolore. La medicazione compressiva sulla ferita, da tenere per circa 7-10 giorni, lascia le dita delle mani libere per compiere attività quotidiane come mangiare, vestirsi, ecc. Il movimento precoce e senza sforzi del dito operato è importante per una buona e rapida guarigione, ma non si devono sollevare pesi o fare sforzi per circa 3-4 settimane. Il punto di sutura cadrà da solo o si può rimuovere dopo 10 giorni circa quando avverrà la visita di controllo. Il paziente dovrà eseguire da solo, a domicilio, esercizi in acqua salata 2 volte al giorno per 10 giorni circa e massaggi sulla cicatrice, dopo ogni bagno, utilizzando una comune crema idratante per le mani al fine di "ammorbidire" e scollare dai piani profondi la cicatrice in formazione.

L'esito dell'intervento chirurgico è influenzato da numerosi fattori come età, periodo intercorso dall'inizio dei sintomi, patologie concomitanti quali diabete, ipertensione, una non corretta alimentazione e l'assunzione di alcool, droghe, fumo; uso di anticoagulanti o antiaggreganti, così come le caratteristiche ambientali e lavorative.

Esiste sempre il potenziale evolutivo della malattia con la tendenza a formare aderenze tra i vari piani anatomici, cicatrici ipertrofiche dolorose o cheloidee. Le complicanze locali di questo intervento sono rappresentate da dolore, sanguinamento con conseguente ematoma, lesione del tendine e dei fasci vascolo-nervosi localizzati nei pressi dell'incisione chirurgica. Si possono avere anche alterazioni della sensibilità (parestesie, zone di ipoestesia o anestesia) e della circolazione del dito. Esiste, inoltre, la possibilità di formazione di aderenze cicatriziali tra i vari piani anatomici con successiva rigidità del dito o recidiva della stessa patologia. Queste complicanze possono comportare la necessità di ulteriori interventi di revisione chirurgica. Sono inoltre possibili complicanze infettive superficiali e profonde con deiescenza della sutura chirurgica e allungamento dei tempi di guarigione. Le infezioni sono un evento molto raro, ma grave: per tale motivo la medicazione deve essere mantenuta molto pulita, senza bagnarla fino alla rimozione della sutura. Nei casi avanzati della patologia, quando il dito scatta da molto tempo o si è bloccato a lungo e quindi ha perso il suo completo movimento, il risultato chirurgico può essere parziale, essendo difficile recuperare l'estensione completa della seconda falange del dito. In tali casi verrà consigliato dallo specialista un trattamento di fisioterapia che migliora il risultato chirurgico. Il paziente dovrà eseguire a casa propria gli esercizi riabilitativi che il chirurgo consiglierà.

La malattia del dito a scatto può colpire progressivamente varie dita delle mani in tempi successivi ed è spesso associata alla sindrome del tunnel carpale. Se il paziente presenta ad esempio nella stessa mano un dito a scatto e il tunnel carpale, si procede nella stessa seduta chirurgica ad eseguire in contemporanea entrambi gli interventi. Nel caso in cui il paziente presenti dita a scatto in entrambe le mani, si procederà invece ad eseguire l'intervento nella mano più dolente, poi in un secondo tempo, spesso dopo un mese, si può procedere ad eseguire il trattamento anche nell'altra mano. Lo stesso trattamento avverrà anche per la sindrome del tunnel carpale bilaterale.

L'intervento chirurgico è quasi sempre risolutivo, e può essere eseguito nelle nostre strutture entro un mese dalla prima visita ortopedica.

 

Realizzato in collaborazione con il  Dottor Marco Casalboni
specialista in Chirurgia generale, Ortopedia e Traumatologia

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