Sei una persona che dorme bene? La domanda può nascondere un tranello, perché è vero che durante il sonno non sei cosciente di quel che accade, e spesso solo qualcuno che eventualmente dorme al tuo fianco può notare eventuali sintomi che rivelino problematiche. Ma è altrettanto vero che un sonno disturbato si riflette sull’attività quotidiana, con notevoli ripercussioni, ad esempio, sulla capacità di concentrarsi. Ecco perché è importante ascoltare il tuo fisico: come vedremo, infatti, i disturbi nel sonno possono determinare nel tempo conseguenze importanti. Ma partiamo dall’inizio: cosa sono i disturbi nel sonno?
I disturbi nel sonno rappresentano un campo della medicina relativamente nuovo, che si è iniziato a sviluppare sul piano clinico a partire dalla seconda metà degli Anni '80, e comprendono diverse problematiche, alcune delle quali hanno un pesantissimo impatto non solo sulla salute, ma anche a livello sociale.
La classificazione internazionale dei disturbi nel sonno riconosce oggi oltre 90 entità nosografiche, tra le quali le OSAS risultano essere quelle con maggiore prevalenza nella popolazione generale. Ma di cosa si tratta?
OSAS, il significato dietro l’acronimo
Il termine OSAS (dall’inglese “Obstructive Sleep Apnoea Syndrome”) indica la cosiddetta sindrome delle apnee ostruttive nel sonno, una problematica che oggi nella popolazione generale è presente, in una forma di gravità tale da richiedere provvedimenti terapeutici specifici, nel 49% dei maschi e nel 24% delle donne di età compresa tra i 35 e i 70 anni.
Si tratta quindi di un problema largamente diffuso, che come vedremo può avere differenti cause (o concause). Ma come si manifesta? Il sonno di chi soffre di OSAS si caratterizza per la presenza di eventi ostruttivi a carico delle vie aeree superiori (della faringe) della durata minima di 10 secondi, ma che spesso durano oltre un minuto: questi vengono definiti apnee, se si tratta di ostruzioni complete, o ipopnee in caso di ostruzioni parziali.
Si tratta di eventi che, come puoi immaginare, solitamente vengono segnalati dal partner di letto che testimonia un russamento intermittente (si cessa di russare durante l'evento ostruttivo e si riprende una volta concluso) o che descrive inequivocabili eventi ipopnoici o apnoici. Non si tratta, come detto, di una problematica di poco conto: durante il fenomeno ostruttivo si verifica infatti una riduzione dell'ossigenazione nel sangue arterioso spesso grave, un microrisveglio cerebrale di cui il paziente non ha memoria al risveglio, una tempesta autonomica con aritmia cardiaca e crisi ipertensiva arteriosa.
I fattori di rischio
Epidemiologicamente, i maggiori fattori di rischio sono il sovrappeso o l'obesità; inoltre si tratta di una problematica più diffusa nel sesso maschile e con l’avanzare dell’età, ed è molto frequente nei pazienti con malattie cardiovascolari (ipertensione arteriosa, aritmie come fibrillazione atriale, cardiopatia ischemica cronica, scompenso cardiaco, precedenti di ictus o TIA); ma anche con disordini metabolici (in particolare, diabete mellito tipo II) e con insufficienza renale cronica.
Più nello specifico, se volessimo tentare una prima autovalutazione, vanno considerati ad alto rischio di sviluppare OSAS di forma intermedia o grave, i soggetti che presentano tre o più tra le seguenti caratteristiche:
- russamento;
- fatica o eccesso di sonnolenza diurna;
- apnee nel sonno osservate dal partner di letto o da conviventi;
- ipertensione arteriosa;
- obesità;
- età superiore ai 50 anni;
- circonferenza del collo superiore a 40 cm;
- sesso maschile.
Sintomi e diagnosi
Nonostante la sua larga diffusione, ancora oggi solo una minima parte di chi soffre di OSAS viene diagnosticato e trattato. I percorsi di cura spaziano dalla “semplice” modifica dei propri stili di vita all’opzione chirurgica, passando per le terapie posizionali, e variano a seconda della gravità della sindrome, che si definisce in relazione al numero totale degli eventi (che, nei casi più gravi, possono parassitare tutto il sonno) e alla loro durata.
Un elevato numero di eventi apnoici o ipopnoici causa sintomi a breve termine, tra i quali i più frequenti sono l'eccesso di sonnolenza diurna, il sonno poco riposante, la nicturia (cioè i numerosi risvegli notturni per urinare), la stanchezza, la perdita della capacità di concentrazione e di mantenere l'attenzione prolungata, che a sua volta può essere causa di incidenti stradali o di scadenti performance lavorative.
Nel tempo, invece, la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno può determinare ipertensione arteriosa, cardiopatie ischemizzanti, fibrillazione atriale e bradiaritimie, scompenso cardiaco, cerebrovasculopatie, diabete mellito, dislipidemia, insufficienza renale cronica, disturbi dell'umore o malattie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson.
Ciononostante, visto anche che il timore di perdere l’idoneità alla guida è un fattore che limita gravemente l’accesso alla diagnosi e alla terapia di molti pazienti con fattori di rischio, occorre chiarire subito che la malattia, in tutti i suoi livelli di gravità, e la mancata aderenza alle terapie non coincidono automaticamente con l’inidoneità alla patente di guida. Infatti, quando queste due situazioni si verificano, è possibile eseguire specifici accertamenti con i quali si valuta l’esistenza dei criteri di idoneità.
Per la diagnosi, pertanto, il paziente con sospetto di OSAS può rivolgersi ad un centro specializzato nel trattamento dei disturbi del sonno come quello presente a Villa Igea, che affronta la disciplina con un approccio multidisciplinare, coinvolgendo cioè non solo pneumologi e otorinolaringoiatri, ma anche nutrizionisti, endocrinologi, neurologi, cardiologi e odontoiatri.
Oltre che in base al livello di gravità di OSAS diagnosticato attraverso esami condotti in veglia o anche durante il sonno (come monitoraggio cardio-respiratorio o polisonnografia), il trattamento è personalizzato in base all’età dell’individuo, al tipo di lavoro ed ai rischi professionali, alle comorbidità, alla possibilità di accesso alle diverse opzioni terapeutiche e alle sue aspettative: trattandosi di terapie croniche, molto spesso la scelta finale è infatti quella vissuta come meno aggressiva e meglio tollerata dal paziente, anche se non sempre corrisponde alla terapia più efficace.
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